SERMONE PER IL CULTO BATTESIMALE
DOMENICA 20 NOVEMBRE 2016
CHIESE DI TORINO LUCENTO E TORINO VIA ELVO
TESTO: MATTEO 3,13-17
Nel vangelo secondo Matteo Giovanni il battezzatore dice a Gesù: “Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?”
Paolo, nella lettera ai Romani, con parole sconsolate cita infatti a proposito i salmi 14 e 53 e ripete: “Tutti si sono sviati, tutti quanti si sono corrotti. Non c’è nessuno che pratichi la bontà, no, neppure uno”.
Di conseguenza, gli apostoli, come tutte e tutti, si arrendono di fronte alla chiusura di ogni via umana, che da sola non porta a nulla, e chiedono a Gesù, sapendo già quale sarà la risposta: “Chi dunque può essere salvato?”
E difatti, la risposta di Gesù è una constatazione sull’incapacità nostra di salvarci, di trovare un significato per quello che facciamo o una direzione, un senso alla nostra vita: “Gesù, fissando lo sguardo su di loro, disse: «Agli uomini [παρὰ ἀνθρώποις, dice il testo originale, includendo quindi anche le nostre sorelle] questo è impossibile».
Siamo noi che abbiamo cioè bisogno di essere salvati e di attraversare il confine del Giordano, quel confine che segna la differenza tra la nostra impossibilità e la salvezza, e per questo a Giovanni il battezzatore pare assurdo che il figlio di Dio, l’agnello di Dio, nato senza peccato, debba entrare nell’acqua per essere battezzato.
Tuttavia Gesù risponde. “Lascia fare per ora, poiché conviene [nel senso di “è opportuno”] che noi adempiamo in questo modo ogni giustizia”
La giustizia di cui parla Gesù nell’evangelo secondo Matteo è il piano di salvezza che ha in mente il Signore. Quella salvezza che era rappresentata dalla terra promessa, terra che per Israele era appunto sinonimo di salvezza.
Le acque del Giordano, infatti, erano state già attraversate sotto la guida del soldato Giosuè, che voleva condurre il popolo verso la salvezza con la forza della volontà umana, rappresentata dall’impegno nelle guerre…
Prima ancora anche quelle del Mar Rosso erano state attraversate sotto la guida di un altro, Mosè, che voleva condurre il popolo verso la salvezza con la legge e le prescrizioni.
Ma si aveva fallito. E ancora oggi si fallisce. Ancora oggi, come allora, con la volontà e con la legge ci si infrange contro il nostro peccato, la nostra impossibilità, e ci si insabbia nell’ipocrisia. Davvero, ancora ai tempi di Gesù, agli uomini ed alle donne rimaneva questa impossibilità.
Ecco perché il Signore, misericordioso e tenace nel suo amore, riprende il cammino interrotto. Con la differenza che questa volta è Gesù che entra per primo nelle acque del Giordano, e, dopo essere ritornato anche lui dall’Egitto, perché niente avviene per caso, attraversa il Giordano da primizia, da vero e fedele e obbediente primogenito.
E ora, con Gesù, dice Matteo nel suo evangelo, “a Dio ogni cosa è possibile”. E le acque del Giordano, che ci portano alla salvezza ed alla pace, diventano le acque battesimali.
Se Giosuè e Mosè hanno fallito, e se noi tutte e noi tutti falliamo, ora, invece, possiamo dire come l’apostolo Pietro che “in nessun altro è la salvezza: perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome [oltre a quello di Gesù] che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati”.
Oggi, Irina e Laurentiu, Alfredo e Davide, Alfonsina e Santo ci hanno reso ancor più evidente ciò che scrive Paolo e cioè che “la grazia di Dio e il dono della grazia [provengono] da un solo uomo, Gesù Cristo, [e] sono stati riversati abbondantemente su molti”.
Per questo, nel passo che narra del battesimo di Gesù, sta scritto che Dio si compiace di lui: “Questo è il mio diletto figlio, nel quale mi sono compiaciuto”.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Gesù. E solo Gesù può svolgere il compito di primogenito, mentre tutti gli altri falliscono. E per questo è solo in lui che Dio si compiace.
Da quel giorno il nostro cammino può allora continuare senza più interruzioni ed impossibilità, così come continuerà la vita delle nostre due sorelle e dei nostri quattro fratelli che oggi sono scesi nelle acque battesimali, anche loro verso la salvezza guidati da Gesù, che per tutti e tutte fende le acque.
Queste acque a volte saranno placide, ve lo auguro, saranno chiare e fresche e dolci acque, ma altre volte potranno essere anche tempestose e allora vi parrà di stare come sulla barca in mezzo alla tempesta di cui parlano gli evangeli.
Ma la differenza è ora che con Gesù, che è sceso prima di noi in queste acque, con lui come capo del corpo non ci si ferma più, si può continuare, e veramente si arriva a tutto ciò che le Scritture significano col termine “salvezza”.
Ora una motivazione c’è, ora un senso ed una direzione ci sono, ora nei luoghi aridi di cui parla Isaia una strada è appianata per il nostro Dio e con Gesù il Signore ha veramente aperto una strada nel mare e un sentiero fra le acque potenti.
Nessuno, da adesso in poi, può avvilirci, può deluderci e può rendere vana la nostra vita.
Per noi tutte e noi tutti, e per Irina e Laurentiu, per Alfredo e Davide, per Alfonsina e Santo, in Dio trova riposo l’anima nostra perché da lui proviene la nostra salvezza.
E anche nelle difficoltà e nelle fatiche e nelle sofferenze, grazie a Gesù che ha attraversato le acque del Giordano senza poi fermarsi, anche la nostra anima può in noi essere ora tranquilla, come se fosse un bimbo divezzato che riposa sul seno di una madre, o che riposa sul seno del nostro Signore. Amen.