Pastore Carlo

FILIPPESI 3, 1-9

E’ giusto “seguire” quello che dice la Bibbia? Dipende. Questa non è la risposta di Carlo Guerrieri, ma è quella di Paolo di Tarso.

Paolo, che quando si chiamava ancora Saulo seguiva zelantemente la Legge di Mosè; Paolo l’ebreo “super-credente” e praticante irreprensibile, circonciso secondo i comandamenti di Dio; Paolo che proprio perché credente al 100 x 100 perseguitava i cristiani,  in quanto essi andavano contro la Bibbia – sostanzialmente il nostro AT, al tempo.

Ecco: questo Paolo qui, ci ricorda che si può sbagliare e si può uccidere per seguire la Bibbia, eccome se si può! Eccolo qui, ora, a scrivere alla comunità di Filippi: care sorelle e fratelli, avevo sbagliato tutto.

A volte mi piace pensare che, senza tale ammissione di errore, noi oggi non saremmo qui.

La fede come la conosciamo oggi, come la viviamo oggi, la giustificazione per grazia, il messaggio della croce, la libertà del cristiano, tutto quanto abbiamo ricordiamo quest’ann per i 500 anni della Riforma: quanto debbono a quest’ammissione di errore di Paolo?

Quanto dobbiamo al coraggio di un uomo che ha creduto all’incontro col Risorto più che alle sua fede personale, alle sue tradizioni, ed anche alla difesa dei suoi privilegi? Quanto dobbiamo ad quest’uomo che non ha avuto paura di sconvolgere totalmente la sua vita pur di credere all’incontro col Risorto, che lo chiamava a vita nuova e nuovi compiti?

E’ giusto “seguire” la Bibbia? Dipende: perché con la Bibbia in mano si può anche uccidere, e si è ucciso, nel corso della Storia, quando si cerca di seguire la Bibbia senza piegarsi a Cristo. Paolo è qui a ricordarcelo.

Tutto quello che prima della sua conversione Paolo considerava un guadagno, in realtà è tanta spazzatura – lo leggiamo al v. 7 – e ”spazzatura”, nell’originale greco, si traduce meglio con “sterco”! E Paolo afferma questo scrivendo da un carcere, proprio quando la situazione di sofferenza lo avrebbe potuto spingere a rimpiangere la scelta fatta, rispetto alla sua precedente, comoda vita, da credente modello!

Ma dov’è l’errore? In cosa consiste questa ”spazzatura”? Chiariamo subito che il problema non riguardava la sola religione ebraica: riguardava i cristiani e dunque ci riguarda.

Paolo se la prende qui anche con quelli che chiama i “cattivi operai, che si fanno mutilare”, ovverosia quei cristiani che invitavano sì alla conversione a Cristo, ma passando attraverso l’osservanza delle norme della Legge, quali appunto la circoncisione/mutilazione.

Eppure, non era stato Dio a dire che i credenti dovevano farsi circoncidere, ad esempio? Non era e non è scritto nella Bibbia?

Torniamo alla domanda iniziale: non è forse giusto seguire la Bibbia? Risposta: no, dobbiamo seguire Cristo! Se si prova a seguire la Bibbia senza seguire Cristo, si corre un grave rischio: quello che avevano corso Saulo/Paolo, i farisei e gli scribi di cui ci parlano i Vangeli, quello di alcuni dei primi cristiani: il rischio di sentirsi giusti, di sentirsi bravi credenti, e quindi di auto-giustificarsi, agli occhi di Dio, nella convinzione di star compiendo la volontà di Dio. Rileggiamo il versetto 9: “e di essere trovato in lui non con una giustizia mia, derivante dalla legge, ma con quella che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede.

Una giustizia mia: ecco il problema, la spazzatura, il danno. Oggi si parla molto del farsi giustizia da sé, nei discorsi della politica. Ma sentirsi giusti agli occhi di Dio è un veleno mortale, che può far diventare l’uomo più pio il peggior nemico di Dio ed il peggior nemico degli altri uomini. Come Paolo/Saulo, il quale pensava di essere giusto agli occhi di Dio, col perseguitare zelantemente la chiesa cristiana nascente.

Il sentirsi giusti agli occhi di Dio può trasformarci nei peggiori nemici di Dio e di coloro che Egli ama e per i quali Egli è morto in Gesù Cristo. Il veleno del sentirci giusti può portarci a disprezzare quelli che non reputiamo essere “non-giusti”, e li disprezziamo Bibbia alla mano! Proprio come lo faceva Paolo/Saulo: Bibbia alla mano. E tale mortale veleno è reso ancor più letale dal fatto che nessun cristiano dice di sé: “io sono giusto”; nessuna osa dire che scaglierebbe la prima pietra, essendo senza peccato. Ma nei fatti, si comporta come chi si reputa giusto, chi si reputa più credente, più a posto, più spirituale, più fedele a Dio, più “ok”.

C’è una disciplina psicologica nata negli anni 50 negli USA, l’Analisi Transazionale, che sintetizza i 4 modi in cui ciascuno di noi può relazionarsi agli altri: il primo è quello di chi si sente sempre inferiore: io non sono ok, tu sei ok. Il suo opposto è quello aggressivo: io sono ok, tu non sei ok. Questo era quella di Saulo; questo è quello proprio di ogni credente che si sente giusto: io sono ok, tu no. Ma la trappola, sta nel fatto che nessun cristiano osa affermarlo: ci rifugiamo dietro la terza modalità transazionale – io non sono ok, tu non sei ok  – ma sotto alla quale ci eleviamo a giudici inappellabili dell’altrui colpevolezza, puntellando tale giudizio con la frase-stereotipo: “io ti sto soltanto dicendo quello che c’e scritto sulla Bibbia!”.

Ma nella Bibbia, prima di tutto, centro di tutto e fine di tutto, c’è scritta anche un’altra cosa: c’è scritto Cristo, incarnazione dell’amore incondizionato di Dio per ogni uomo e ogni donna. Incondizionato nel suo significato primario: che ama senza condizioni e senza chiedere nulla in cambio.

Questo amore è insopportabile, per noi umani. Noi non sopportiamo l’idea che Dio possa amare anche coloro che noi disprezziamo. Le nostre Bibbie diventano armi da fuoco. Invece di portare la Parola che fa vivere, spariamo parole che feriscono e uccidono. Pensate appunto a quante vittime ci sono state e continuano ad esserci nella storia e nel mondo nel nome della religione, nel nome di Dio.

E si può uccidere anche senza togliere la vita: questo lo sappiamo bene. Si può uccidere giudicando, escludendo, il nostro prossimo il quale ai nostri occhi non si comporta nel modo “ok”.

In realtà, in Cristo io sono ok e tu sei ok: la quarta – e sana – modalità transazionale.

Non auto-giustificarci con una giustizia nostra, “ma con quella che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede”: ecco l’antidoto al veleno mortale, ecco ciò che monda da ogni spazzatura, ecco l’opposto di ogni fanatismo religioso, di qualunque tipo e maniera esso sia.

Se “accettiamo il Dio che accetta”, l’amore incondizionato di Dio che si manifesta in Gesù Cristo, dovremo essere sempre pronti alle sorprendenti strade che questo amore potrà prendere, e che fa essere ok chi per noi non è ok. Un amore che giustifica e che si riversa anche sopra coloro che noi non stimiamo, che consideriamo feccia della società, che reputiamo peccatori disgustosi, esseri umani di serie B.

Se per arrivare ad accettare questo amore incondizionato di Dio sarà necessario, come seppe fare Paolo/Saulo, rivedere tutto quello in cui crediamo e che magari fino a quel momento pensavamo fosse il modo giusto di essere cristiani, non dobbiamo attendere nemmeno un attimo: dobbiamo farlo subito, ora!

Quale pio ebreo avrebbe mai potuto pensare che alcuni pilastri della propria fede sarebbero crollati, perché Dio aveva deciso di agire in Gesù Cristo, estendendo il suo amore a gente che veniva considerata fuori dalla salvezza e dall’amore di Dio?

Chi mette la propria fiducia sulla carne, come dice Paolo, ossia su se stesso, chiude le porte all’azione vivificante della Grazia di Dio. Chi si vanta in Gesù Cristo saprà invece vantarsi dell’amore di Dio, saprà dire al mondo: “sono orgoglioso non di me, che non avrei mai amato uno/a come te, ma del mio Dio, che ama me e te”.

Siamo dunque pronti a gettare tutto nel cestino – o nella latrina – e ad abbracciare completamente Cristo e la Sua giustizia e ad abbracciare quindi tutti gli uomini e tutte le donne per i quali e per le quali Egli è morto? Amen