Sermone culto del 01 ottobre 2017. EMMANUELA B.
ESODO 17, 1-7
L’acqua scaturita dalla roccia di Oreb Nu 20:1-13 (Sl 78:15-16; 1Co 10:4) Sl 114:7-8 1 Poi tutta la comunità dei figli d’Israele partì dal deserto di Sin, marciando a tappe secondo gli ordini del SIGNORE. Si accampò a Refidim, ma non c’era acqua da bere per il popolo. 2 Allora il popolo protestò contro Mosè e disse: «Dacci dell’acqua da bere». Mosè rispose loro: «Perché protestate contro di me? Perché tentate il SIGNORE?» 3 Là il popolo patì la sete e mormorò contro Mosè, dicendo: «Perché ci hai fatto uscire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?» 4 Mosè gridò al SIGNORE, dicendo: «Che cosa devo fare per questo popolo? Ancora un po’, e mi lapideranno». 5 Allora il SIGNORE disse a Mosè: «Mettiti di fronte al popolo e prendi con te alcuni degli anziani d’Israele; prendi anche in mano il bastone col quale hai percosso il Fiume e va’. 6 Ecco io starò là davanti a te, sulla roccia che è in Oreb; tu colpirai la roccia: ne scaturirà dell’acqua e il popolo berrà». Mosè fece così in presenza degli anziani d’Israele, 7 e a quel luogo mise il nome di Massa e Meriba a causa della protesta dei figli d’Israele, e perché avevano tentato il SIGNORE, dicendo: «Il SIGNORE è in mezzo a noi, sì o no?»
Matteo 21:23-32
Dubbio sull’autorità di Gesù =(Mr 11:27-33; Lu 20:1-8) Lu 7:29-35 23 Quando giunse nel tempio, i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si accostarono a lui, mentre egli insegnava, e gli dissero: «Con quale autorità fai tu queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?» 24 Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una domanda; se voi mi rispondete, vi dirò anch’io con quale autorità faccio queste cose. 25 Il battesimo di Giovanni, da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?» Ed essi ragionavano tra di loro: «Se diciamo: “dal cielo”, egli ci dirà: “Perché dunque non gli credeste?” 26 Se diciamo: “dagli uomini”, temiamo la folla, perché tutti ritengono Giovanni un profeta». 27 Risposero dunque a Gesù: «Non lo sappiamo». E anch’egli disse loro: «E neppure io vi dico con quale autorità faccio queste cose.
Parabola dei due figli 28 «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si avvicinò al primo e gli disse: “Figliolo, va’ a lavorare nella vigna oggi”. 29 Ed egli rispose: “Vado, signore”; ma non vi andò. 30 Il padre si avvicinò al secondo e gli disse la stessa cosa. Egli rispose: “Non ne ho voglia”; ma poi, pentitosi, vi andò. 31 Quale dei due fece la volontà del padre?» Essi gli dissero: «L’ultimo». E Gesù a loro: «Io vi dico in verità: I pubblicani e le prostitute entrano prima di voi nel regno di Dio. 32 Poiché Giovanni è venuto a voi per la via della giustizia, e voi non gli avete creduto; ma i pubblicani e le prostitute gli hanno creduto; e voi, che avete visto questo, non vi siete pentiti neppure dopo per credere a lui.
Spunti di meditazione
Con quale autorità? ‘Lei non sa chi sono io?’
Premessa: il mondo è pieno di persone che si vantano…perché svolgono una professione prestigiosa o hanno una casa lussuosa…o perché appartengono a una famiglia importante o perché hanno titoli da esibire. L’Italia è il paese dei ‘dottori’, forse senza laurea o una laurea finta, ma pur sempre ‘dottori’. E basta entrare in un ufficio pubblico per constatare che chiunque indossi una divisa (foss’anche quella dell’usciere) si sente tronfio e nel diritto di trattar male, in modo sgarbato e insolente il povero cittadino che si rivolge a lui. ‘Lei non sa chi sono io?’ era una battuta di Totò che nei suoi film prendeva in giro chi con fare minaccioso usava questa frase per esercitare ‘potere’ sugli altri. Quanta superbia, quanta presunzione e arroganza c’è in questa frase e quanto poco vale davvero chi se ne serve per imporsi, intimidire, prendere le distanze dagli altri, vantare privilegi.
Gli scribi e i farisei che parlavano con Gesù dovevano proprio essere di quella specie di persone che usano i titoli (di ‘dottore della legge’, di ‘rabbi’) e la loro posizione nella gerarchia ecclesiastica per guardare dall’alto in basso il ‘figlio del falegname’. ‘Come osa?’, ‘Ma chi è costui?, ‘Chi lo manda?’, ‘Con quale autorità parla e agisce?’, ‘Come si permette?’.
-Ma perché la grande massa, l’opinione pubblica, è pronta a credere alle false promesse di qualsiasi ciarlatano, si fa truffare da qualsiasi impostore (la cronaca è piena di storie di questo genere) e poi non crede, invece, a coloro che sono affidabili, onesti…? Perché da un lato faciloneria, credulità, dabbenaggine e dall’altro diffidenza, sospetto, incredulità? Perché l’umanità crede più alle parole vane di un qualsiasi capopopolo di turno, imbonitore di folle e così poco a coloro che davvero vogliono operare per il suo bene?
-La risposta è più semplice di quel che pensiamo. Torniamo nel deserto, alla roccia di Oreb. Mosè aveva liberato il suo popolo e aveva mostrato la grande potenza di Dio. Ma a ogni difficoltà il popolo si ribella e addirittura rimpiange il tempo della schiavitù. La strada della libertà è più difficile di quella della schiavitù. Se sono libero sono responsabile, se sono schivo devo solo ubbidire a degli ordini!
Mosè da subito ha avuto un problema di autorità: chi sono io per andare dal faraone…chi sono io per andare dal mio popolo…chi sono io? Infatti la chiamata a vocazione di Mosè fu piuttosto travagliata. Non reagisce con l’ ‘eccomi’ di Isaia, piuttosto con un ‘perché proprio io, perché mandi me?’. Tuttavia il Signore gli affida la missione centrale nella storia del popolo d’Israele, quella della liberazione dalla schiavitù, una missione centrale nella storia d’Israele, centrale nella storia della salvezza: il Signore è il Signore liberatore, che ci affranca dalle schiavitù.Il Dio della Bibbia ebraico-cristiana è il Dio liberatore…non si limita a creare, non è ‘soltanto’ il creatore, ma soprattutto è Colui che entra nella storia dell’umanità per liberarla dall’asservimento dei poteri secolari. Dunque al titubante Mosè viene dato in mano questo grande progetto.
Attenzione ai passaggi: Mosè si presenta come profeta, che porta al faraone d’Egitto, il messaggio di Dio che deve lasciare andare il popolo d’Israele. Poi diventa condottiero, poi deve diventare governante e legislatore…passa da un piano profetico a un piano laico, di amministratore politico…ma lui è fondamentalmente il profeta di Dio. Concediamo che il popolo non capisca, resti confuso da questi cambi di registro. Mosè non è il leader che il popolo si è scelto perché più abile, più saggio, più capace…Mosè è stato scelto da Dio, non dagli uomini. La storia si sta avvicinando a un momento cruciale: il patto del Sinai, i dieci comandamenti, il codice dell’alleanza. E’ necessario che gli Israeliti capiscano bene chi è Mosè, in che relazione sta con il Signore e in che relazione stanno loro, gli israeliti, con il Signore.
La storia di sta avvicinando a quel preciso evento, il dono della Torah, la promulgazione della Legge di Dio, destinato a riconfigurare la funzione del popolo eletto nel contesto delle altre nazioni. ‘Perché protestate contro di me?’ non è segno di vigliaccheria, di voler scaricare le responsabilità. Infatti aggiunge: ‘Perché tentate il Signore?’. Mosè non è un leader qualsiasi che si può cambiare alle prossime elezioni: chi è contro Mosè è contro Colui che lo ha mandato e che si sta servendo di lui per realizzare un preciso progetto. Progetto che è quello di un popolo benedetto in Abramo per essere benedizione di tutte le nazioni. Aderire o non aderire a questo progetto di Dio fa la differenza.
La domanda del popolo d’Israele è la solita: Dio dov’è? Siamo senza acqua, stiamo morendo di sete…dov’è il Dio in mezzo a noi? Ecco che spunta il bisogno della prova. E’ la stessa tentazione del diavolo nel deserto (Matteo 4,5-7) ma Gesù risponde che non si deve forzare la mano a Dio. La sua presenza e potenza non passa attraverso la nostra non-fede: non possiamo tiranneggiarlo, ricattarlo.
Il Signore è nel cammino della vita, un cammino con le sue contraddizioni, le sue debolezze, le molte disobbedienze umane. Non è un caso che l’acqua sgorghi dalla stessa montagna da cui viene donata la legge. Il popolo dei credenti riceve l’acqua della vita assieme ai comandamenti che devono reggere la comunità. La Parola del Signore è parola di vita, è parola vivificatrice di vite spente e schiave. La sorgente della vita, l’acqua che disseta di cui parla Gesù alla Samaritana, è già qui ai piedi del monte d’ Dio.
-Mosè dev’essere riconosciuto non per le sue doti personali, ma come mediatore tra Dio e il popolo, come portavoce ed è questo l’aspetto più difficile della sua missione: essere riconosciuto nella sua rappresentatività: Mosè rappresenta il disegno di Dio. Lo stesso problema lo ebbero i profeti , pensiamo a Geremia e Anania: chi è il vero o finto profeta? Chi porta la parola del Signore e chi, invece, porta la propria parola e si serve di Dio? Il profeta esorta all’adesione a un programma che non è suo, ma di cui si fa mediatore.
-Quando Gesù venne sulla terra si trovò ad affrontare lo stesso problema di Mosè: se credete in Me credete nel Signore; non credere in Me non significa non credere a un leader politico, a un capopopolo, ma significa non credere nel Signore e a quello che Lui vuole da noi.
– La parabola del figlio disobbediente e del figlio ubbidiente è emblematica in questo senso. Ubbidire non è ubbidire a un canone, a un codice, a una serie di regolamenti…a una chiesa e alle sue dottrine. Il figlio ubbidiente è il sacerdote del Tempio, ma è anche il credente tutto apparenza che dice e non fa. E schiavi delle apparenze, dei titoli e dei ruoli sociali ci si allontana dalla verità del Signore. Gli scribi e i farisei, i sacerdoti della casta, i credenti zelanti nell’osservare i precetti, non pensino che questa loro ubbidienza sia gradita al Signore. Sono come quei figli che si riempiono la bocca di una fedeltà solo di forma e non di sostanza, di quelli ai quali grida il profeta Isaia: “Che m’importa dei vostri numerosi sacrifici? – dice il Signore…smettete di portare offerte inutili…imparate a fare il bene, cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova”. I figli disubbidienti a volte sono proprio quelli che meglio di altri sanno fare, nei fatti e non nelle parole, la volontà del Padre.
Oggi – si dice – che non si riconoscono più le autorità: genitori, insegnanti… religioni, chiese. Esiste – si dice – un problema di autorità: chi è il padre, chi è il maestro, chi sono le guide spirituali…? E’ un problema di punti di riferimento che vengono a mancare. Ma l’autorità autentica non è autoritaria, non s’impone, non ha orpelli, ma deve essere riconosciuta come tale. L’autorità non è di colui che si gonfia dicendo ‘lei non sa chi sono io’ oppure ‘è vero perché te lo dico io, perché te lo dice la chiesa…’. L’ autorità non viene dall’investitura, dai ruoli sociali, dal vestito o dalla divisa che indossiamo, sia questa di un sacerdote o di un carabiniere.
La missione evangelica che il Signore ci ha affidato non vive di apparenze. Noi, come singoli e come chiese, vogliano vivere nell’illusione della apparenze o vivere nella luce di una vita davvero di fede? Non è credente il figlio ubbidiente che fa una dichiarazione verbale ‘sì Padre’. Non basta l’autocertificazione. L’autorità della Parola di Dio non è nelle gerarchie ecclesiastiche, negli edifici religiosi e neppure nei testi sacri se questi restano lettera morta che non viene vivificata dalla sorgente, dal Dio d’amore. Le sue parole, dal Sinai alla Croce, sono parole di vita autentica, appassionata che entra nelle contraddizioni della storia e la cambia. Questo ‘ il messaggio da dare ai nostri figli e alle nostre figlie, alle nuove generazioni.
Non cerchiamo, dunque, l’autorità dei poteri terreni che ci vogliono servi, da cui, magari, vogliamo protezione, favori…ma cerchiamo l’autorità d’amore del Signore che ci vuole donne e uomini liberi. Un’autorità che non è fatta di imposizioni e di regole, ma di una vita piena, quella vita che Gesù ci ha mostrato: risanata, libera, degna. Il Dio della vita trova in Lui la sua pienezza, reale, concreta.